Perché l’intelligenza artificiale può rallentare il lavoro (invece di accelerarlo) e come evitarlo
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale generativa ha fatto il proprio ingresso in numerosi ambienti di lavoro con la promessa di rendere tutto più veloce e facile: scrivere email, sintetizzare report, creare presentazioni o codici.
Eppure, studi recenti dimostrano che questo entusiasmo non si è finora tradotto in benefici concreti per le aziende e le istituzioni. In molti casi, l’uso superficiale degli strumenti AI produce un effetto definito “workslop” e che si risolve in un’iperproduzione di contenuti dall’aspetto curato, ma privi di sostanza, che finiscono per far perdere tempo a chi li deve decifrare, generando frustrazione e minando fiducia e collaborazione.
In questo articolo analizzeremo:
- Cosa si intende per workslop e perché è un fenomeno in crescita.
- I costi economici, sociali e ambientali del lavoro generato male dall’AI.
- Le cause principali dell’inefficacia della AI negli ambienti professionali.
- I limiti dell’IA e i dati recenti sulla sua efficienza.
- Le strategie per utilizzare l’AI in modo consapevole, collaborativo e produttivo e risparmiando anche una gran mole di energia e relativa CO2
Il paradosso della produttività accelerata
L’adozione di strumenti di AI generativa cresce a ritmo vertiginoso. Secondo analisi recenti, il numero di aziende che hanno implementato processi completamente gestiti da AI è quasi raddoppiato in un solo anno e in generale l’uso degli strumenti AI sul posto di lavoro è duplicato rispetto al 2023.
Eppure, nonostante l’attività frenetica, i benefici reali tardano a manifestarsi: il 95% delle organizzazioni non rileva alcun ritorno misurabile dall’investimento in AI.
Il paradosso è evidente: tanto movimento, tanto entusiasmo, e pochissimi risultati tangibili.
Il fenomeno emerge soprattutto dal cosiddetto workslop, un concetto coniato (unendo le parole work lavoro e slop brodaglia) da ricercatori del Stanford Social Media Lab e di BetterUp Labs: si tratta di lavoro generato da AI che sembra buono e rifinito, ma in realtà manca di sostanza e non fa realmente avanzare alcun progetto. Slide impeccabili, report lunghi e ben formattati, email strutturate… tutto apparentemente perfetto, ma spesso inutile o incompleto.
La tassa invisibile del workslop
Il workslop fa sì che un lavoro non venga portato a termine, ma semplicemente posticipato o trasferito ad altri. Chi riceve un output generato male deve decodificarlo, correggerlo, completarlo o rifarlo da zero. Una vera “tassa invisibile” per produttività e morale.
Alcuni dati emblematici:
- Su un campione di 1.150 dipendenti statunitensi, il 40% ha ricevuto ciò che ha identificato come workslop almeno una volta nell’ultimo mese (curiosamente si è più disposti a riconoscere come workslop ciò che si riceve più che ciò che si invia!)
- Ogni episodio costa, in media, quasi due ore di lavoro.
- Valutando il tempo e il salario, la perdita stimata è di circa 186 dollari al mese per persona, equivalenti a oltre 9 milioni di dollari l’anno per un’azienda di 10.000 dipendenti.
Ma i costi più gravi sono di tipo sociale ed emotivo: confusione, irritazione e perdita di fiducia tra colleghi. Il 42% dei lavoratori coinvolti dichiara di considerare meno affidabile un collega che invia workslop, il 37% meno intelligente, e oltre la metà si sente frustrata nel gestire i contenuti superficiali.
Il workslop mina la collaborazione, elemento cruciale per qualsiasi adozione di AI efficace. E quando il lavoro genera sfiducia, l’AI non accelera, ma rallenta il lavoro— esattamente come dice il proverbio toscano: “a far così si fa più danno che guadagno.”

Scorciatoie digitali e cattive abitudini
Il fenomeno non nasce dal nulla: gli esseri umani prediligono da sempre le scorciatoie! Procrastinare, fare lavoro superficiale, compilare documenti senza riflettere, sono semplicemente l’esito moderno di un’attitudine antica.
La differenza è che oggi l’AI amplifica tutto. Gli strumenti generativi permettono di produrre rapidamente output apparentemente corretti, ma la cui rilevanza è direttamente in relazione al tempo speso per realizzarli.
Secondo l’Harvard Business Review, l’AI “ci offre uno strumento con cui perpetuare le vecchie cattive abitudini, ma su scala industriale.”
I ricercatori individuano due profili tipici:
- I piloti, che usano l’AI con consapevolezza per migliorare la propria creatività e precisione.
- I passeggeri, che delegano senza riflettere, lasciando all’AI il compito di “pensare al posto loro”.
Non esiste un’AI autonoma perfetta. I cosiddetti AI agents, progettati per eseguire compiti in autonomia, hanno tassi di fallimento vicini al 70%.
La lezione è chiara: la tecnologia da sola non basta. Servono supervisione, contesto, competenze e processi chiari. L’AI senza guida genera confusione, errori e inefficienza; non vantaggi.
Un uso superficiale dell’IA non solo compromette la produttività, ma ha anche un impatto ambientale significativo. Le ricerche mostrano che l’uso inefficiente dell’IA può aumentare le emissioni di CO₂, contribuendo al cambiamento climatico. Ogni interazione con l’IA, come una ricerca o una generazione di testo, consuma infatti energia. Ad esempio, una singola query può emettere circa 2-3 grammi di CO₂, a seconda dell’efficienza energetica dei data center utilizzati. Inoltre, la formazione di modelli di IA complessi richiede enormi quantità di energia, con emissioni che possono equivalere a quelle di centinaia di automobili. Tuttavia, adottando pratiche consapevoli, è possibile ridurre questo impatto.
Come utilizzare l’AI in modo efficace

Le ricerche convergono su alcune strategie fondamentali:
- Definire uno scopo chiaro: usare l’AI dove può aggiungere valore reale, non ovunque.
- Supervisione umana: ogni output va verificato e corretto.
- Contesto e input di qualità: prompt ben costruiti e informazioni precise sono essenziali.
- Integrazione nei processi: regole, policy, flussi di validazione chiari.
- Collaborazione e fiducia: l’AI deve amplificare la collaborazione, non minarla.
- Valutazione del ritorno reale: misurare tempi, qualità, errori e impatto sulla collaborazione.
- Consapevolezza dei limiti: gli agenti autonomi non sono infallibili.
In sintesi, ad oggi l’AI funziona se è uno strumento nelle mani consapevoli dell’uomo, non se diventa una scorciatoia per evitare il pensiero critico. Verrà poi il giorno in cui sarà completamente autonoma, probabilmente, e quel giorno spaventa anche solo a pensarci, ma per adesso l’intelligenza artificiale non è né nemica, né panacea.
È uno specchio: riflette il modo in cui lavoriamo, pensiamo e collaboriamo.
Se la usiamo superficialmente, genera confusione e rallenta i processi.
Se la usiamo consapevolmente, diventa un amplificatore della nostra operatività e della nostra capacità di collaborazione.
E allora, come ci ricorda la saggezza toscana, il workslope è il risultato dell’utilizzo sbagliato di un mezzo potente, col risultato che alla fine: si fa più danno che guadagno!